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Paolo Coccorese "La Stampa"
È il quartiere legato a una pagina di storia che ancora esiste e lotta contro l’estinzione. Con le mani dure e callose, la divisa da lavoro, i pantaloni sporchi di vernice o il camice col nome scritto sul taschino. È la Vanchiglia di quello che veniva prima: prima dei designer, prima degli studenti del Campus, prima degli imprenditori della ristorazione che ne stanno rilanciando la versione by-night. Vanchiglia artigiana: dei laboratori, dei mestieri di una volta, degli apprendisti, delle boite. E che rischiano di scomparire. La scoperta «Quello degli artigiani è un quartiere difficile da scovare: non è per forza in contraddizione con quello della movida, ma deve essere salvaguardato perché penso che possa continuare ad essere una risorsa per il futuro dell’intera città». Sono le parole di Virgilio Ardy, 35 anni, fotografo eporediese emigrato nell’ex «borgo del fumo». Ha trascorso gli ultimi mesi a raccogliere i volti degli ultimi artigiani di Vanchiglia. È nato «R-Evoluzione», il punto di partenza, un’esposizione che è appesa ai muri della vineria Porto Ribeca di via Tarino 2: «È la prima tappa di un progetto che spero di poter ingrandire. E racconta una realtà che deve essere riscoperta», aggiunge l’autore. Siamo seduti a Barbiturici, barristorantino dal gusto hipster di via Santa Giulia. Negli altri tavoli alcune universitarie. E’ la Vanchiglia di oggi, alla moda, dell’arte e delle biciclette. Ma non è l’unica. «Per un secolo è stato il borgo degli artigiani. Ogni vetrina era un laboratorio di un fabbro o un restauratore. Tutta la Torino che conta veniva a chiederne la nostra professionalità», dice Jasch Ninni, titolare di «Orolacche Restauri» di via Buniva. È il presidente di «Artes», la nuova associazione degli artigiani del quartiere nata per far emergere, con eventi e manifestazioni, anche questo pezzo di borgo. «Una volta lavoravamo sui marciapiedi – aggiunge -. Oggi, siamo sempre meno e nascosti nei cortili». Le cause Difficile trovare una causa unica: la crisi e Vanchiglia che è cambiata. «Io sono favorevole alla movida perchè ha riportato la gente in strada anche la sera - aggiunge -. Altra cosa, è la speculazione sui locali che hanno fatto triplicare gli affitti degli spazi su strada». Così, come una tartaruga, gli ultimi artigiani sopravvissuti hanno ritirato la testa dalle strade, diventando quasi invisibili. Ma non sono spariti. Secondo la stima di Artes, sono ancora 150 i laboratori artigiani presenti. L’età media dei proprietari è 55 anni. Il ricambio c’è, ma è difficile. La lista è lunghissima: in via Napione c’è il restauratore Aghetta, in corso San Maurizio il bronzista Lesa , in via Bava Vocaturi che lavora artisticamente il ferro. Dal 2004, in via Tarino ha sede il burattinaio, Gianluca Di Matteo, 45 anni. «Vanchiglia è profondamente artigiana - dice -. C’è da evitare la deriva della movida, ma io voglio essere fiducioso: gli studenti portano innovazione e spero possano essere il germe per un nuovo tipo di artigianato».